Navalny contro Putin by Anna Zafesova

Navalny contro Putin by Anna Zafesova

autore:Anna Zafesova [Zafesova, Anna]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Paesi edizioni
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Zeitgeist

Come ha fatto un uomo intelligente e disincantato, che non credeva in nulla e non si fidava di nessuno, a finire nella trappola del suo stesso regime? È impossibile sapere quali effetti possa avere sulla psiche umana un potere quasi illimitato, dopo vent’anni in cui tutti aprono le porte davanti al sovrano, pendono dalle sue labbra e gli danno sempre ragione: gli individui che abitano in un contesto del genere sono pochi, e di solito non finiscono in mano agli psicologi. Per avere un’idea del mondo in cui vive Vladimir Putin basta guardare il filmato ufficiale del 7 maggio 2012, nel quale il suo corteo si avvia al Cremlino per la cerimonia di insediamento alla presidenza, attraversando una Mosca completamente svuotata di auto e pedoni (fuori campo la polizia stava inseguendo per le strade del centro i manifestanti di opposizione). Sicuramente il presidente russo ha usato nella propaganda la sua grande forza, quella di essere un sovietico medio con cui buona parte dei suoi elettori poteva entrare in empatia. Un dittatore è sempre fatto della stessa materia dei sogni del suo popolo, e il cocktail ideologico putiniano - una miscela in realtà abbastanza allucinogena di glorie sovietiche e nostalgie monarchiche, che inserisce nello stesso pantheon Yuri Gagarin e San Serafino di Sarov, e mette in cima alla piramide dei leader-modello Iosif Stalin e Nicola II - viene condiviso da una fetta massiccia di cittadini russi, che rimpiangono contemporaneamente i pacati anni Settanta di Leonid Brezhnev e la Russia romanticamente idealizzata dei Romanov. Come loro, ripudia il comunismo della povertà e uguaglianza («un vicolo cieco della storia»), ma si rifiuta di accettare l’idea che i tanto agognati consumi occidentali siano frutto di un sistema politico ed economico basato sulla libera concorrenza e sullo Stato di diritto. Come Navalny oggi, anche Putin a suo tempo aveva concentrato nella sua immagine lo Zeitgeist, il linguaggio e i codici di un’epoca. Quando lo spirito del tempo si è trasferito altrove, nessuno ha avuto però il coraggio di dirglielo.

L’idolo della generazione dei putiniani nel Kgb, il suo capo e poi leader supremo Yuri Andropov - probabilmente il più lucido, anche se non necessariamente illuminato, capo del Cremlino prima della perestroika - sosteneva che il problema principale del Politburò nella fase calante del socialismo era quello di «non conoscere il Paese che stiamo governando». Una paura che, espressa dal capo della polizia segreta più numerosa e ramificata del mondo, mostrava tutta la fallacia di un sistema privato del feedback negativo. Putin aveva sì studiato alla Scuola superiore del Kgb intitolata ad Andropov, ma non ha memorizzato quella lezione. In un sistema imperniato sul leader carismatico, il produttore principale di notizie diventa anche il loro maggiore consumatore. L’hanno imparato bene tutti i deputati, governatori e ministri che hanno scoperto come per farsi notare bisognava lanciare le idee più clamorose e conservatrici: dalla famigerata «legge anti-gay», alla proposta di proibire qualunque raffigurazione dell’arcobaleno per non dare spazi agli odiati Lgbt, fino al progetto di riportare davanti alla sede



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